Alchimia

L’Alchimia è la Via di Ermete, gli Alchimisti stessi si chiamano Figli di Ermete

Il più antico testo Alchemico, giunto a Venezia come dono del BESSARIONE, porta la scritta “En To Pan” cioè UNO IL TUTTO all’interno del cerchio formato dall’antico serpente che si morde la coda, l’Ouroboros.

Ouroboros dal Manoscritto Greco della Biblioteca Marciana

L’Alchimia è l’effettiva comprensione che Tutto fa parte del Tutto cioè dell’Uno. Il serpente si morde la coda, mangia sé stesso, si nutre di sé medesimo, (in altri termini nulla si crea e nulla si distrugge) ed ancora non c’è reale separazione tra Spirito e Materia.

TRE sono le fasi principali dell’Opera Alchemica la (Nigredo, l’Albedo, e la Rubedo) scandite appunto dai tre colori: il Nero, il Bianco e il Rosso. Triplice è la divisone: Corpo, Spirito e Anima, dove Anima indica il principio Spirituale, il “Fuoco” per gli alchimisti quello che chiamano il loro Zolfo, in greco “Théion” che significa sia Zolfo che “divino” (ma anche il ”Rosso”). Con Spirito s’intende quello che oggi chiamiamo “energia vitale”, che gli Indiani chiamano “Prana” e i Cinesi Chi”, gli egiziani Ka, cioè quel corpo fluido, vitale, indicato dagli Alessandrini come medium tra la mente e il corpo, quel veicolo eterico che permette all’Anima di agire sul corpo e che gli Alchimisti chiamano loro Mercurio, principio vitale sempre in movimento (Argento Vivo).

CRISTOFORO PARIGINO

Tra gli alchimisti attivi a Venezia troviamo nella metà del ‘400 Cristoforo Parigino che riuscì ad ottenere dalla Repubblica un permesso per poter continuare i suoi esperimenti  ed operare nel territorio della Serenissima. Si fece costruire apparecchi dai vetrai di Murano, ebbe un discepolo veneziano, Andrea Ogniben, a cui insegnerà direttamente alcune fasi dell’Opera Ermetica, e con cui rimarrà sempre in contatto. Del Parigino ci rimangono numerosi manoscritti, non solo nella Biblioteca Marciana e in quella Vaticana ma in varie biblioteche italiane e francesi. Alcune opere saranno stampate nelle enciclopediche raccolte della Biblioteca Chemica Curiosa, e del Teatrum Chemicum.

Parigino fu definito Adepto, cioè venne onorato come colui che ha compiuto l’Opera e fu tenuto in grande considerazione dagli alchimisti successivi. Il successo del Parigino sembra confermato dalle lettere inviate al discepolo veneziano Ogniben in cui ci dice che la Materia (per  ottenere la Pietra Filosofale) è stata divisa in tre parti. Una  parte è stata donata all’Ogniben (il quale la perde durante i propri esperimenti!), una è impiegata per fare beneficenza a monasteri, chiese, ospedali ed ai poveri, l’ultima la utilizza il Parigino stesso per vivere in pace fino alla fine della vita, dedicandosi allo studio e alla teologia. Dalle lettere e dalle opere conservate nella Biblioteca Marciana sappiamo che il Parigino era amico del più famoso vetraio della Serenissima, Angelo BAROVIER e del maestro di quest’ultimo fra Paolo Godi DELLA PERGOLA. Paolo DELLA PERGOLA fu il maggiore insegnante della Serenissima nella Scuola di Rialto (dove terrà lezione anche Luca Pacioli -Chiesa di San Bartolomeo, 11 agosto 1505). Grazie agli insegnamenti “alchemici teorici” di Paolo della Pergola il Barovier riuscirà a realizzare vetri particolarissimi, leggeri e cangianti. Verrà apprezzato a tal punto che riuscirà ad ottenere dalla Serenissima il privilegio per poter continuare i lavori anche durante l’estate! La fama di Angelo Barovier oltrepasserà i confini della Serenissima e verrà chiamato per portare le sue opere al Re di Francia. Fu durante questi viaggi che Maestro Angelo farà da corriere per l’amico Alchimista. L’Architetto Antonio Averulino, detto il Filarete cita il Barovier nel suo trattato architettonico. Per togliere ogni dubbio al proprio discepolo Ogniben, Parigino afferma però che ne’ il Barovier, ne’ Paolo della Pergola furono veri Alchimisti! Ricordo che la Scuola di Rialto fu di stampo Aristotelico, ma non bisogna dimenticare che, grazie al così detto Libro delle Meteore (attribuito ad Aristotele) passò attraverso il Medioevo la più famosa opera di Ermete: la Tavola di Smeraldo.

L’Ermetismo unisce come un filo invisibile il platonismo e l’aristotelismo. Francesco Zorzi ricorda (nel memoriale) che grazie al Triplice numero sacro ed alle proporzioni si ottengono accordi sacri sia a Platone che ad Aristotele: l’ARMONIA.

 

Il PANTHEUS

Nel 1517 viene pubblicata a Venezia “Ars Transmutationi Metallicae”, nel 1519 il “Commentarium Transmutationis Metallicae” e nel 1530 la “Voarchadumia contra Alchimiam” del sacerdote veneto Giovanni Augustino Pantheus (già il nome è significativo) l’Uno il Tutto, Pan Theus = Tutto Divino. Dedicata al Papa Leone X e al Doge Gritti: fu la prima opera che unì la Cabala all’Alchimia rifacendosi alla lingua Caldea, Ebraica, e alla lingua di Enoch cioè di Ermete. E’ curioso che Pantheus faccia terminare la serie dei più famosi Adepti, tra cui Ermete, Morieno, Rosinus (più noto come Zosimo), con Cristoforo Parigino. Fulcanelli terrà in grande considerazione il Pantheus che usava un metodo per aumentare l’Oro mediante formule che lo condussero al successo. VOARCHADUMIA è composta da una parola Caldea che significa “Oro” e da una espressione Ebraica che significa “fuori dalle due Opere al Rosso” ovvero “ORO delle due cementazioni”. L’Opera è dedicata ai “Figli dei Saggi” cioè a coloro che “sanno leggere sotto la scorza”. Pantheus influenzerà anche l’Alchimista inglese John Dee (che annoterà l’opera del P.). J.Dee che verrà a Venezia è l’autore della “Monas Jerogliphica” in cui ricompare la stessa parola VOARCHADUMIA. Secondo Elemire Zolla lo stesso Giorgione faceva parte della Voarchadumia. Il Pantheus fa derivare l’origine della V. oltre che dagli antichi Caldei… anche dagli Indiani. Serge Hutin ipotizza che la Voarchadumia fosse una Società Segreta stabilita in origine a Venezia di stampo Rosicruciano e Tantrico. Per Arnold Waldstein “è certo che era in legame diretto con istruttori orientali e che possedevano manoscritti Alchemici Tibetani

 Voarchadumia, frontespizio

Nel frontespizio della Voarchadumia si vede il PANTHEUS tra ERMETE e TUBALCAIN (Tubalcain è il primo fabbro ed è legato strettamente a Vulcano, Ermete, e alle antiche iniziazioni). Tubalcain appare in un capitello di Palazzo Ducale dedicato agli antichi Sapienti con in mano uno strumento musicale a corde. L’Alchimia si chiama anche Arte della Musica, sia perché porta l’armonia, sia perché in una fase cruciale del processo alchemico, chiamato “la grande cottura”, avviene uno straordinario fenomeno per cui la “Materia” posta nell’Atanor (il forno dell’Alchimista) emette proprio i suoni della scala musicale!

Nel testo del Pantheus è inclusa una curiosa planimetria (ormai famosa) dove Venezia è rappresentata al CENTRO del mondo, questo perché ogni civiltà Tradizionale , cioè collegata con il Principio si pone al CENTRO vale a dire al di là dello spazio-tempo. In questa prospettiva ogni luogo è Divino ed é significativo che tutti i popoli che in qualche modo si ricollegano al sacro si sentano posti al Centro del Mondo!

  • Dio è una sfera infinita il cui centro è ovunque e la periferia in nessun luogo!”

La celebre frase è riportata dal Ficino ed è attribuita ad Ermete, ripresa anche dal Cusano o da Alano di Lilla, verrà citata anche dal Rosacruciano Robert FLUDD.

Questo senso di “centralità” si riflette sul mito di Venezia come viene presentato dallo storico del XVI secolo MARIN SANUDO (cugino da parte di madre di Francesco Zorzi) il quale nel “De origine, situ et magistratibus urbis Venetae” dichiara: “..fu comenzata edificar de’421 adi 25 marzo in zorno de VENERE, Bellezza e Venezia,; nel qual zorno, ut divinae testantur licterae… fu formato il primo Uomo ADAM nel principio del mondo, per le mani di Dio, ma ancora in deto zorno la verzen Maria fu annunzata da l’angel Gabriello, et secondo l’opinion teologica fu in quel medesimo giorno ….crocifisso”. Nel Mito proposto nel Rinascimento, Venezia è dunque città della Bellezza e nasce Immortale ed Immacolata (Tafuri a fatto osservare che rispetto a Roma ha il privilegio, di non nascere da un omicidio).

Venezia Pianta del 500Venezia Pianta del ‘500 dalla “Voarchadumia” del Pantheus – clic sull’immagine

SALOMON TRISMOSIN

Nel 1473 inizia il viaggio verso Venezia di Salomon Trismosin (=Tre volte memore, nome che ricorda il Trismegisto) che visse tra la seconda metà del 1400 e i primi del 1500. Famoso Alchimista fu l’autore di quello che può considerarsi il capolavoro artistico dell’alchimia: lo Splendor Solis riccamente illustrato dalle splendide incisioni di scuola Dureriana. Scrisse anche il “Fiore dei Tesori” meglio noto come “AUREUM VELLUS” o “Teson d’Oro”. Il Trismosin già giovanissimo fu testimone di una trasmutazione, così viaggiò alla ricerca di un maestro che potesse insegnargli l’Alchimia. Fu così che dopo vari viaggi fu assunto da  due soci di cui uno ebreo che conosceva il tedesco, prima come sorvegliante dei forni, e poi ,dopo un periodo di prova delle proprie capacità, fu messo a conoscenza di certi “particolari” per produrre argento. Con l’ebreo si reco per vendere questo argento a Venezia. In Piazza San Marco, un Saggiatore gli dimostrò che… “non era vero argento”. Preoccupato lasciò  “i padroni” e rimase a Venezia dove alla fine incontrerà un vero Alchimista che gli insegnerà i segreti della trasmutazione su cui giurò di mantenere la bocca chiusa.

Di questo importante soggiorno a Venezia restano testimonianze nelle tavole dello “Splendor Solis”. Secondo Van Helmont fu a Costantinopoli che il Trismosin consegnò La Pietra Filosofale a Paracelso (1493-1544).

tavola

Tavola dello Splendor Solis di Salomon Trismosin, si nota come la Luna che galleggia nell’acqua ricorda la forma della gondola!